
COME DIVIDERE UNA PESCA, di Noor Naga (Feltrinelli)

Opera prima di una scrittrice di origini egiziane ma nata negli Stati Uniti.
Ancora una volta siamo di fronte ad un ottimo romanzo scritto da una autrice che rappresenta la seconda generazione di emigrati.
La storia che decide di raccontare è probabilmente frutto in parte di un “sentire” assolutamente personale.
Il personaggio principale è infatti una giovane americana, figlia di egiziani, che decide di tornare a Il Cairo alla ricerca delle sue radici.
Come spesso succede in questo tipo di racconti, la giovane protagonista non riesce a sentire di appartenere veramente a nessuna delle due culture e intraprende un viaggio fisico ed umano alla ricerca della parte più ancestrale di sé.
Ovviamente si scontrerà con un Egitto in piena fase oscurantista che prenderà la forma di un giovane sbandato con il quale intesserà una strana e tossica relazione.
Sullo sfondo il continuo richiamo ad una situazione sociale e politica assai complessa che da anni affligge l’Egitto nel più totale silenzio del resto del mondo.
L’espediente letterario di aprire ogni capitolo con una breve domanda che racchiude e nasconde in sé una metafora spinge il lettore stesso a proseguire con spirito critico ed uno sguardo interrogativo.
“Se tutti quelli che conosci si buttassero da un ponte, non finiresti per credere di saper volare?”
“Se la scarpa non entra, devi cambiare il piede?”
“Se una città si impegna a ucciderti, devi prenderla sul personale?”
“Se una ragazza ammette liberamente di non essere vergine, puoi crederle quando ti dice il prezzo del latte?”
L’autrice poi delinea benissimo la divergenza enorme tra i privilegi dello straniero e gli obblighi e le coercizioni dei locali.
Tutto il libro è infatti permeato da un senso di colpa neanche così sottile, che vive chiunque si trovi a soggiornare in un Paese considerato meno sviluppato e meno libero rispetto a quello di provenienza.
Lo scontro emotivo tra i due protagonisti è specchio dello scontro tra culture che spesso crea una frattura insanabile tra chi arriva,forte della certezza del proprio passaporto e chi invece è costretto a restare perché il passaporto non può neanche averlo.
Interessante la doppia narrazione dei due protagonisti che, anche se a volte può apparire confusa, contribuisce a rendere più chiara e incolmabile la differenza tra le due esistenze.
Un libro che consiglio, sia per la storia che racconta sia per la costruzione narrativa assolutamente non banale
Recensione di Annachiara Falchetti
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