EDWARD HOPPER. Un poeta legge un pittore, di Mark Strand (Donzelli – settembre 2023)
Mi sono imbattuta in questo libricino quasi per caso, gironzolando in internet in cerca di qualcosa da leggere su Hopper.
Quando ho visto la casa editrice (Donzelli) non ci ho pensato due volte a prenderlo; tutte le mie esperienze con Donzelli sono state positive.
Mark Strand -poeta, scrittore e critico letterario americano, premio Pulitzer per la poesia nel 1999- aveva una grande passione per Hopper e nella sua cinquantennale carriera ha composto una raccolta di prose dedicate ai suoi 30 dipinti più famosi, riprodotte qui con l’aggiunta di un saggio incompleto inedito del 2013 che sarebbe stato destinato alla “New York Review of Books”.
Nella sua introduzione Mark Strand lo dice subito: “Il mio approccio nell’affrontare la questione è essenzialmente estetico. Sono più interessato alla presenza di strategie pittoriche che non alla presenza di aspetti sociali nell’opera di Hopper. [] I dipinti di Hopper non sono documenti sociali, ne’ allegorie dell’infelicità o di altri stati d’animo che si possano applicare con uguale imprecisione al belletto psicologico degli statunitensi”.
Poiché io ho sempre associato i dipinti di Hopper a un grande senso di solitudine e alienazione, parole da cui Strand prende molto le distanze e che reputa banalizzino i dipinti, non ho indugiato e ho intrapreso subito la lettura.
Strand si sofferma sulla corrispondenza tra forma e contenuto, sul tono, sull’uso della luce e su come questi aspetti creino una tensione costante nell’opera di Hopper.
Ci sono punti di fuga esterni al quadro (talvolta ostruiti), stimoli per lo spettatore di traiettorie diverse (cosicché non sapendo che direzione prendere si rimane come “intrappolati” in una ben determinata posizione, a guardare sia in un senso che nell’altro), un’idea di ordine geometrico che cede alla natura incombente, responsabile della “dissoluzione delle strutture in cui i personaggi vivono”.
E sebbene vengano riconosciute due forme di impegno visivo -quella spaziale e quella narrativa- (“In Hopper si ha uno schema piuttosto costante, per cui una geometria pittorica stimola un’azione opposta a quella che la narrazione dispone”) Strand è risoluto nell’affermare che “la tendenza a costruire racconti attorno ai quadri di Hopper non fa che trivializzarli, esponendoli al sentimentalismo. [] Eppure a un certo livello questi dipinti ci invitano a partecipare con la nostra costruzione di una storia -come per dimostrare quanto sarebbe inadeguato un tale tentativo”.
I dipinti di Hopper sono una “miscela di quotidiano e di misterioso”. Sono opere in cui si viene catapultati dentro pur restandone fuori, in cui obbediamo a “due impulsi contrari: stiamo guardando sia l’immagine che dentro l’immagine”. Sono delle visioni che vanno forse al di là del registro del realismo a cui Hopper è sempre stato associato, sembra esserci sempre qualcosa di “oltre”.
È stata una bella lettura, per me non scontata, e la consiglio per chi vuole approcciare Hopper.
Nel frattempo, se qualcuno ha altri consigli da darmi per approfondire questo Autore, ne sarei grata.
Recensione di Benedetta Iussig
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