LA BARONESSA DI CARINI, di Luigi Natoli (Lunaria – luglio 2021)
Il tramandato dalla tradizione popolare siciliana è questo: un principe di Carini uccise la figlia (o la moglie?) perché amoreggiava celatamente con un giovane di rango inferiore; la figlia (o la moglie?) fuggita di stanza in stanza lungo il Castello di Carini – castello eretto sulla rupe, dominatore della vasta e ridente vallata, con il mare in fondo e Ustica natante – cadendo ferita, appoggiò la mano insanguinata sopra una parete e vi lasciò un’impronta che nessuna calce potè mai cancellare.
I libri di Natoli sono gioielli della cultura siciliana che oltrepassano le tre dimensioni quali la storia, il folckore e i canti popolari, diventando capolavori: opera d’arte nella creazione dei caratteri umani, reali, determinati, opera d’arte nei dialoghi, nelle descrizioni efficaci e pittoresche, nelle rappresentazioni vive, evidenti, meravigliose, nella forma misurata ma al contempo, traboccante di frasi e parole che danno vita ai sentimenti più forti.
Il libro, oltre le due versioni dell’amaro caso della baronessa di Carini, l’uno parricidio, l’altro uxoricidio, racchiude novelle, miste a storia e leggenda, della tradizione sicula, raccontate con candore primitivo e con passione travolgente e sanguigna.
E come rappresentazioni gloriose di un passato altrettanto valoroso, nelle narrazioni del Natoli si sente l’eco delle voci di un popolo oneroso ma fiero di quelle tradizioni che lo rendono unico!
Vi invito a leggere con ardore le storie contenute in questo “scrigno”, cosi per come sono state raccontate.
Il mistero che avvolge la storia della baronessa di Carini ha da sempre affascinato le generazioni. Ad aumentarne la fama si sono aggiunti i due sceneggiati Rai “L’amaro caso della baronessa di Carini” del 1975 e “La baronessa di Carini” del 2007 con Vittoria Puccini e Luca Argentero nel ruolo dei due protagonisti.
Recensione di Patrizia Zara
Commenti