LA GOCCIA CHE APRE LE OMBRE. Storie di cammini, di Lucia Aterini (Lef Libreria Editrice Fiorentina)
“E come noi lo mal ch’avem sofferto perdoniamo a ciascuno, e tu perdona benigno, e non guardar lo nostro merto”
DANTE.
La vicenda narrata in questo libro è il racconto di un sorprendente cammino verso un gesto di grande umiltà e di straordinaria generosità: il perdono.
Due donne Claudia e Irene, due cammini differenti sino a quando nel preciso giorno, alle stessa ora, i loro percorsi diventano incidentali travolgendo le loro vite.
Claudia perde il marito, carabiniere, ucciso dal figlio, diciannovenne, dell’altra. Vittima e carnefice travolti dal male e le loro vite in un batter di ciglia precipitano nelle ombre degli abissi.
Non è giusto, non è umano, non è possibile!
La sete di giustizia ha il sopravvento su Claudia, ed è giusto che sia così, Matteo, il figlio di Irene ha sbagliato e deve pagare (ergastolo, in appello 20 anni di reclusione).
Ma dopo che la legge ha fatto il suo dovere, cosa rimane negli animi squarciati dei protagonisti? Un senso di vuoto, di incompiuto. Ed ecco la goccia che cade nelle ombre che si aprono alla luce, nel profondo, umano desiderio di sapere il perché, di conoscere la verità al di là degli atti processuali, di non ritorcersi nel dolore, commiserandosi nel cieco rancore e nella rabbia distruttrice.
Le due donne s’incontrano con in mano il proprio dolore e se lo scambiano, l’una sentirà l’intensità del dolore altrui.
E in un sofferto cammino di consapevolezza e di rinascita concretizzato il perdono, un gesto che nasce dalle viscere della più alta umanità, che si nutre di misericordia, che si abbevera nella fonte della vita.
Il libro di Lucia Aterini è la testimonianza di questo percorso doloroso ma costruttivo di due donne, moglie e madre, che sono andate avanti cercando di metabolizzare l’accaduto e trarne il buono per salvare altre vite, per riconciliarsi con una comunità spesso assente affinché la morte di un innocente possa salvare dal male il suo carnefice, vittima a sua volta di un sistema frettoloso e disinteressato. Perché far prendere al reo coscienza del proprio male è una delle più atroci condanne! (“Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”).
Il libro affronta conseguentemente il concetto di giustizia e di detenzione, quest’ultima molto spesso non proprio educativa.
Valorizza la giustizia riparatrice che prende in considerazione la persona che c’è dietro ogni colpevole, ponendosi come obiettivo il risarcimento morale, più che materiale, di chi si è macchiato di un reato.
È un libro che narra di gesti forti, coraggiosi, che rompono gli schemi di amore/odio e si pongono al di sopra di ogni convenzione sociale nel tentativo di sradicare il male o quantomeno trasformarlo in un bene collettivo, interrompendo il circolo vizioso vittima/carnefice – carnefice/vittima nell’ottica di violenza genera violenza.
Non è una cosa facile!
È sempre più facile condannare che perdonare, è più facile isolarsi covando vendetta che riconciliarsi, è più facile giudicare che capire.
Il libro oltre la toccante storia di Claudia e Irene ne narra altre che sono entrate a far parte della cronaca italiana. Si avvale di significative testimonianze e interventi di illustri personaggi forensi, ecclesiastici e studiosi della psiche umana.
Un bel libro che mi ha letteralmente spiazzata e che ha messo in discussione molte delle mie già labili convinzioni.
Io saprei perdonare? Una cosa per me è certa: si può perdonare ma non dimenticare.
Buona lettura.
“Il rancore ti condanna sempre all’istante passato” Claudia Francardi
Recensione di Patrizia Zara
LA GOCCIA CHE APRE LE OMBRE. Storie di cammini, di Lucia Aterini
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