LA SECONDA MORTE DI MALLORY, di Reinhold Messner (Bollati Boringhieri)
Ogni tanto ho bisogno di entrare in un altro mondo, quello degli esploratori di mari, terre, monti.. Ho bisogno di capire il bisogno intrinseco che porta l’essere umano ad andare oltre il quotidiano, la vita ripetuta e le abitudini. Perché vogliamo andare oltre e sfidare tutto ciò che va al di là dei confini del ns corpo e dei territori da noi battuti. E così leggo chi vuole visitare montagne o navigare per mari sconosciuti, mi rendo conto che il tutto nasce dalla consapevolezza di non avere tempo sufficiente per vedere tutto il pianeta terra e che devo fare delle scelte e così vedo cosa hanno scoperto qs signori e se ne è valsa la pena salire quasi fin in cima all’Everest come ha fatto Mallory nel 1924.
Scalatore britannico, preparò con cura, per tre anni per la precisione, la sua salita in vetta del 1924… Salita nefasta che dal versante Nord, impervio e inaccessibile, non permise a Mallory di far ritorno a casa. Ma quasi avesse valore secondario la vita perduta di quest’uomo, l’intero libro si basa sulle tante ipotesi di possibilità concrete che avrebbero regalato il primato del raggiungimento della punta più alta della montagna allo stesso scalatore e non ad altri dopo. Poco importa la definizione della tesi finale che, alla fine, esclude tale possibilità.
Nel 1999, anno in cui si sbrogliò la Matassa dei dubbi, si capì con chiarezza che la mancanza di una via di salita dopo il ritrovamento del cadavere di Mallory non deponeva a favore di un risultato positivo. E questa alla fine è la storia che per troppe pagine parla solo di questo. A me, il dopo lettura, ha lasciato tristezza perché per questo bisogno di sfidare la natura sempre e comunque, l’uomo ne esce piccolo ed arrogante. L’approccio con le sfide naturali dovrebbe mantenere il rispetto dei limiti. Sicuramente assisteremmo ad una figura umana più armonica e pronta al confronto con la natura e non alla conquista. Il linguaggio guerrigliero non appartiene alla scoperta delle montagne e dei mari. Non vi è nulla da conquistare.
Recensione di Maria Bal
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