L’ALFABETO DI FUOCO – Ben Marcus (Black Coffee)
In una America dai contorni sfumati, luogo del pensiero piuttosto che luogo geografico, si diffonde una stranissima malattia di cui i bambini sembrano essere al contempo vettori e portatori sani. Le parole da loro pronunciate diventano un vero e proprio veleno per gli adulti, un mostro invisibile che li fiacca e li trasforma nel fisico e nella mente fino a portarli alla morte per consunzione.
In questo scenario apocalittico il romanzo segue il percorso di due genitori che non possono e non vogliono arrendersi di fronte all’evidenza che la loro adorata figlia sia la causa della malattia che li sta rendendo ogni giorno più deboli.
Sicuramente l’alfabeto di fuoco può annoverarsi a pieno titolo nella categoria dei romanzi distopici. Romanzi che, come in questo caso, attraverso storie dai tratti surreali si pongono questioni etiche fondamentali.
Importante il focus puntato sul divario generazionale e sulla difficoltà di essere genitori oggi, quando anche normalmente è spesso difficile comprendere il linguaggio dei propri figli e quello che vi è di sottinteso.
Spunto di profonda riflessione è anche l’idea che le parole possano essere tossiche , velenose, assassine addirittura. In una epoca in cui tutti parlano spesso a sproposito analizzare la potenza del linguaggio come arma di distruzione è probabilmente doveroso.
Ben Marcus scrive benissimo anche se il libro non è di cosi facile presa. Costruito come fosse un memoir spesso indugia sull’introspezione dei personaggi rallentando cosi il ritmo complessivo.
Pubblicato in America nel. 2012 è giunto in Italia nel 2018 grazie alla Black coffee che ha avuto, come sempre, il coraggio di puntare su un autore che in patria é considerato cult ma che non ha mai avuto grossa visibilità nel nostro paese.
Di lui Jonathan Safran Foer scrive: “Ben Marcus appartiene a una categoria di scrittori molto rara: quella necessaria”.
E dopo aver letto L’alfabeto del fuoco non posso che essere d’accordo con lui.
Recensione di Annachiara Falchetti
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