L’ASSASSINO CHE È IN ME, di Jim Thompson (Harper Collins)
Questo romanzo è stato scritto nel 1952 eppure potrebbe essere scambiata per un’opera contemporanea.
Probabilmente è il romanzo più noto di Thompson, almeno fuori dagli Stati Uniti, ed entra di diritto nella classifica dei migliori hard boiled mai scritti.
Siamo in Texas e la narrazione è affidata al protagonista Lou Ford, un vice sceriffo che sotto un’apparenza di glaciale calma nasconde il seme di una malattia mentale che oggi noi definiremmo sociopatia ad alto rischio.
Il libro sembra a tratti un viaggio nella vita e nella mente di un uomo che si disgrega giorno dopo giorno e che progressivamente si lascia vincere dal demone della malattia mentale.
Siamo negli anni Cinquanta e la stessa definizione di serial killer era ben al di là dall’essere coniata eppure l’accuratezza delle descrizioni di Thompson e la sua capacità di approfondire e raccontare i labirinti bui della psicopatia non hanno nulla da invidiare da autori ben più recenti.
L’assassino che è in me è un libro incredibilmente moderno e potente ove non esiste alcun giudizio etico e morale da parte dell’autore perché “Un’erbaccia è una pianta fuori dal proprio elemento “.
Loi Ford vi resterà nella memoria come uno degli antieroi americani più riusciti di sempre.
Recensione di Annachiara Falchetti
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