LE STORIE DEGLI ALTRI, di Giuseppe Ruiz de Ballesteros (Bertoni)
Joseph Rojas, psicologo umbro, vive nella solitudine di uomo separato con i figli che qualche volta fanno capolino. Questo suo vissuto esistenziale, povero di interazioni umane se non quelle di tipo professionali, lo spinge, attraverso la penna dell’autore, a raccontarsi inizialmente a noi lettori-testimoni, per scacciare quel dolore di fondo che il silenzio assordante sta ingigantendo. Sente dentro di sé un vuoto, una mancanza che lo rende in qualche modo incompleto. Il suo più grande desiderio come professionista è quello di far ri-avvicinare alla realtà i suoi pazienti, in un rapporto di cura che diventa interesse per la persona nelle sue infinite sfumature, nel non detto, in quel parlare per sottrazione che è il fulcro del loro dolore. Anche lui si sente pronto per farsi ascoltare ed uscire dalla penombra per ritrovare e assaporare, come un piatto prelibato, parole per lui , gesti con lui, sguardi d’intesa che emozionano, osservazioni acute da condividere. Tutto ciò inizia a realizzarlo con Miriam Hermann, anche lei professionista dell’inconscio che lo accoglie come paziente e per la quale sente una particolare affinità elettiva, che potrebbe trasformarsi in un sentimento importante.
Ma la vicenda prenderà una piega diversa, più tortuosa che al contempo li avvicinerà e allontanerà, ponendo nel vertice delle emozioni altri personaggi con le loro vicende umane che, insieme a quelle di Joseph e Miriam realizzeranno un puzzle di un quadro chiamato collettività.
In questo romanzo di straordinaria essenza introspettiva la psicanalisi irrompe in tutta la sua profondità. Ma al contrario di ciò che si potrebbe pensare, questa disciplina si fa strada nella vicenda in maniera discreta, senza fare troppo rumore; lo scrittore infatti pone l’attenzione a concetti e pensieri rendendoli comprensibili ma non per questo semplicistici.
Con la consapevolezza e la sensibilità di un moderno Virgilio ci accompagna nei cammini tortuosi dei suoi protagonisti, rendendoci avvicinabile l’incomprensibile. Con stile elegante e colto, velato da un certo mistero, così come risulterà misteriosa anche una certa vicenda dolorosa che unisce come un filo rosso molti personaggi, lo scrittore ci conduce, evocando il titolo, in altre storie con la loro individualità, ma al contempo raccontano la storia stessa dell’umanità con le sue paure, insicurezze, segreti tragici, gioie, speranze.
Nel romanzo Joseph, prima di essere uno psicologo è un uomo che con umiltà si “mette a nudo” in un viaggio emotivo che ciascuno di noi può attraversare sia che si tratti di una scelta amorosa, professionale o semplicemente nel prendere una decisione nel quotidiano. A tal proposito gli ambienti, i paesaggi nella vicenda plasmano i personaggi; diventano contenitori, cassa di risonanza di vissuti. Da una parte c’è la verde Umbria, qui tratteggiata nel periodo invernale durante una nevicata. Nello specifico ci troviamo vicino Assisi, fra i borghi del monte Subasio. Un luogo colmo di misticismo, la cui figura simbolo è san Francesco. Una scelta un tempo potente la sua: ha abbandonato il superfluo e si è concentrato solo su l’essenzialità. Ed è proprio qui a contatto con un altro religioso, Padre Juan che forse Joseph comprenderà che l’essenzialità del vivere permette di scegliere, di optare per un agire progettuale.
L’altro ambiente è il Sud America dal quale proviene Padre Juan; una figura particolare e affascinante così come è misteriosa e turbante la foresta pluviale, con la sua fitta vegetazione.
Il missionario, proveniente da un ambiente esotico, suscita nella piccola comunità umbra una curiosità frizzante e progressivamente si unirà spiritualmente a lui dando vita ad un gruppo. Altra tematica correlata è la capacità di andate oltre i pregiudizi e diventare popolo accogliente, gente ospitale. Avere l’animo predisposto a farsi attraversare da storie diverse e lontane dalle proprie consuetudini; una speciale capacità inclusiva che si concretizza proprio ad Assisi, luogo di pace.
Molto originale nel romanzo è l’uso del suono del telefono che in certi momenti squilla con il suo “driiin”, diventando contenuto onomatopeico rubato alla poesia. Quel suono sembra risvegliare il protagonista dal suo “torpore emotivo”, scuotendolo dalle sue elucubrazioni per smuoverlo,spingerlo a decidere.
Questo romanzo pone al centro l’uomo nella sua incompiutezza, che ricerca con un misto di timore e fervore l’altro, lo completa e risveglia il desiderio di essere ancora protagonisti della propria esistenza, ritrovando i valori del mondo che ci circonda.
Buone letture!
Recensione di Elisabetta Baldini
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