L’UOMO SEME , di Violette Ailhaud (Playground)
Breve, brevissimo racconto che ha il pregio di coniugare, con poche parole, una dolorosa e poco conosciuta pagina della storia francese e la vicenda personale dell’autrice.
Nel 1852 Violette Ailhaud ha 16 anni, quando tutti gli uomini del suo villaggio, nell’alta Provenza, vengono deportati (e alcuni uccisi) dall’esercito, in quanto repubblicani e oppositori del governo di Napoleone III.
Rimangono solo le donne: madri, mogli, figlie promesse in sposa senza più nessuno sposo…
Proprio come Violette, figlia del sindaco e fidanzata con Martin (che viene ucciso subito dopo essere stato preso).
Ed ecco un paese senza uomini, dove le donne, soprattutto le piu giovani, si sentono tagliate a metà, private delle loro braccia forti, delle carezze, dei baci non dati, del sesso ancora da conoscere, dei figli non ancora concepiti…
E se è vero che possono fare a meno degli uomini per il lavoro e per il piacere fisico, è vero anche che nulla possono contro la prospettiva di non procreare.
Un bisogno primordiale.
Il seme maschile.
Così stringono un patto: il primo uomo che metterà piede nel villaggio sarà diviso fra tutte…e la prima donna che lui toccherà avrà la precedenza sulle altre.
Tutto molto molto contestabile visto con gli occhi di oggi, ma non dimentichiamoci che siamo a metà ‘800.
La Ailhaud con una voce forte e scarna, con la lingua di chi è cresciuto lavorando la terra, piena di dignità e sensualità, ci racconta un momento intimo e cruciale della sua vita (o almeno così sembra), ma soprattutto un manifesto della lotta delle donne, che riescono a gestire desiderio, amore, gelosia, possessività in nome della “vita”, in contrapposizione alla stupidità di chi semina morte con la “guerra”.
(Scritto nel 1919, da una Ailhaud ormai ottantenne, vedrà la luce circa mezzo secolo più tardi)
Recensione di Antonella Russi
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